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Un uomo è anche un aratro

Aggiornamento: 10 feb 2018


Un uomo è anche un aratro

Michele Obit postfazione Francesco Tomada in copertina dipinto di Luciano de Gironcoli grafica e impaginazione Renzo Furlano collana “100” 2015 plaquette stampata in 100 esemplari italiano, sloveno ISBN 978-88-95384-34-4

Più che scritti, i versi di Michele Obit appaiono scavati, levigati come pietre di fiume. Non c’è niente di meno e niente di più di ciò che è necessario, è come se la vita stessa fosse stata coagulata fino all’essenza più pulita, necessaria, indispensabile. A volte ho pensato che fosse possibile definire la poesia di Michele Obit come poesia “civile”, “sociale”, “umana”, ma sempre di più mi rendo conto che invece corrisponde a tutte queste voci insieme, o forse a nessuna di esse. Semplicemente – ma quanto lavoro c’è dietro e dentro a questa apparente naturalezza, a questo fluire lineare – le parole vengono distillate fino a superare il loro stesso significato, testimoniando invece la coscienza e la profondità che dovrebbero essere la radice vera di ogni persona. Francesco Tomada

Michele Obit vive a S. Pietro al Natisone (Udine). È direttore del settimanale bilingue Novi Matajur e presidente del circolo culturale Ivan Trinko, entrambi con sede a Cividale. Ha pubblicato varie raccolte poetiche, l’ultima delle quali è ‘Le parole nascono già sporche’ (2010). Ha tradotto in italiano i più importanti poeti sloveni delle giovani generazioni e scrittori come Aleš Šteger, Miha Mazzini e Boris Pahor. All’interno del festival ‘Stazione di Topolò / Postaja Topolove’ organizza la sezione poetica ed il progetto di residenza per poeti e scrittori ‘Koderjana’.



Un uomo è anche un aratro. Per la consistenza

dei grumi e la ruggine che si attorciglia

attorno – e pietrose radici che si muovono

annusando riverberi d’acqua e gigli.

Un uomo è anche questo

ed a volte ce ne dimentichiamo

così stiamo a guardare il suo peso che

si riduce e la voce che stona –

poi passano gli anni – ed anche

quel peso e quella voce tornano terra

e l’aratro che cade di lato e s’inabissa.

(per Beppino De Cesco)



(Šalamun: pesnik)

Tisti dan je paršu Aleš iz Ljubljane

parvič v naše kraje (že med vožnjo

mi je povedal to, kar sam že znau) –

da si biu kombatent – eno lieto

malo manj – da ti je vidu zadnjič

pred božičem. Ko sam mu jau,

da bom kakšno besiedo posvetiu tebi

tudi tisto vičer je odguoriu, da je

previč utrujen. Zadnje ure tistega dneva

so ble pa samuo zate.

(Šalamun: poeta)


Quel giorno è arrivato Aleš da Lubiana | per la prima volta qui

da noi (già durante il viaggio | mi aveva detto quello che già

sapevo) – | che eri un combattente – un anno | poco meno –

che ti aveva visto l’ultima volta | prima di Natale. Quando gli

ho detto | che avrei dedicato qualche parola a te | anche quella

sera ha risposto che | era troppo stanco. Le ultime ore di quel

giorno | sono state solo per te.



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