Un uomo è anche un aratro
Michele Obit postfazione Francesco Tomada in copertina dipinto di Luciano de Gironcoli grafica e impaginazione Renzo Furlano collana “100” 2015 plaquette stampata in 100 esemplari italiano, sloveno ISBN 978-88-95384-34-4
Più che scritti, i versi di Michele Obit appaiono scavati, levigati come pietre di fiume.
Non c’è niente di meno e niente di più di ciò che è necessario, è come se la vita stessa fosse stata coagulata fino all’essenza più pulita, necessaria, indispensabile. A volte ho pensato che fosse possibile definire la poesia di Michele Obit come poesia “civile”, “sociale”, “umana”, ma sempre di più mi rendo conto che invece corrisponde a tutte queste voci insieme, o forse a nessuna di esse. Semplicemente – ma quanto lavoro c’è dietro e dentro a questa apparente naturalezza, a questo fluire lineare – le parole vengono distillate fino a superare il loro stesso significato, testimoniando invece la coscienza e la profondità che dovrebbero essere la radice vera di ogni persona.
Francesco Tomada
Michele Obit vive a S. Pietro al Natisone (Udine). È direttore del settimanale bilingue Novi Matajur e presidente del circolo culturale Ivan Trinko, entrambi con sede a Cividale. Ha pubblicato varie raccolte poetiche, l’ultima delle quali è ‘Le parole nascono già sporche’ (2010). Ha tradotto in italiano i più importanti poeti sloveni delle giovani generazioni e scrittori come Aleš Šteger, Miha Mazzini e Boris Pahor. All’interno del festival ‘Stazione di Topolò / Postaja Topolove’ organizza la sezione poetica ed il progetto di residenza per poeti e scrittori ‘Koderjana’.
Un uomo è anche un aratro. Per la consistenza
dei grumi e la ruggine che si attorciglia
attorno – e pietrose radici che si muovono
annusando riverberi d’acqua e gigli.
Un uomo è anche questo
ed a volte ce ne dimentichiamo
così stiamo a guardare il suo peso che
si riduce e la voce che stona –
poi passano gli anni – ed anche
quel peso e quella voce tornano terra
e l’aratro che cade di lato e s’inabissa.
(per Beppino De Cesco)
(Šalamun: pesnik)
Tisti dan je paršu Aleš iz Ljubljane
parvič v naše kraje (že med vožnjo
mi je povedal to, kar sam že znau) –
da si biu kombatent – eno lieto
malo manj – da ti je vidu zadnjič
pred božičem. Ko sam mu jau,
da bom kakšno besiedo posvetiu tebi
tudi tisto vičer je odguoriu, da je
previč utrujen. Zadnje ure tistega dneva
so ble pa samuo zate.
(Šalamun: poeta)
Quel giorno è arrivato Aleš da Lubiana | per la prima volta qui
da noi (già durante il viaggio | mi aveva detto quello che già
sapevo) – | che eri un combattente – un anno | poco meno –
che ti aveva visto l’ultima volta | prima di Natale. Quando gli
ho detto | che avrei dedicato qualche parola a te | anche quella
sera ha risposto che | era troppo stanco. Le ultime ore di quel
giorno | sono state solo per te.
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