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È così anche il nostro stare qui

Aggiornamento: 10 feb 2018


È così anche il nostro stare qui

Piero Simon Ostan in copertina opera di Maria Grazia Collini, “Genesi”, 2011 postfazione di Francesco Tomada impaginazione e grafica Renzo Furlano Collana “100” – 2015 plaquette stampata in 100 esemplari ISBN 978-88-95384-37-5


È così anche il nostro stare qui: in queste parole c’è molto più di un titolo, sembra piuttosto un proposito che Piero Simon Ostan formula verso se stesso – prima di tutto – e poi verso quelli a cui vuole bene. Così è il suo mondo, dunque, un mondo vive in una quotidianità di alti e bassi, di paura delle burrasche improvvise e di tensione verso una dimensione più libera, dove sperimentare la consistenza delle nuvole. Ma anche la leggerezza è una conquista che ciascuno deve raggiungere indossando con coraggio il proprio volto e il proprio nome, quel nome che altri ci hanno donato e a cui ci spetta di dare un significato, quel nome che come gesto di affetto scegliamo per i figli nel momento in cui gli auguriamo che la vita possa crescere dentro di loro. Francesco Tomada


Piero Simon Ostan è nato nel 1979 a Portogruaro, dove vive. Ha pubblicato Il salto del salvavita, Campanotto, 2006. Ha collaborato all’organizzazione della Festa di Poesia di Pordenone e con Pordenonelegge. Nel 2011 pubblica Pieghevole per pendolare precario per Le Voci della Luna con prefazione di Gian Mario Villalta, sempre nel 2011 vince il premio Cetonaverde. Fa parte dell’Associazione Culturale Porto dei Benandanti di Portogruaro con la quale organizza il festival di poesia Notturni Di Versi e il Premio Teglio Poesia.



È COSÌ ANCHE IL NOSTRO STARE QUI

giardino

L’erba come prato inglese fitta e ben tosata

la nostra ci accontentiamo non sia troppo gialla

alle erbacce rassegnati e i calcinacci che affiorano

spesso i buchi da coprire.

come eden difettoso

è il nostro giardino e non sarà

di nessun altro

È così anche il nostro stare qui,

gli squarci e le spaccature

provano chi siamo.



tra i denti resta salda

Cinque minuti stavano i poeti sul palco

duravano tre o quattro poesie.

Siamo venuti a trecentocinquanta

chilometri a sentirli scandire i versi.

Segnavo i nomi, i titoli dei libri e mi fissavo

sul prato o sul muro marrone del castello.

Toccandoti col gomito sapevi ti avrei chiesto

conferma della bravura di quello di turno.

Dopo la mia solita spiegazione

da addetto ai lavori mi hai fatto notare

di avere una cosa tra i denti.

Sono un aquilone con te che hai il filo stretto

tra le mani, decidi l’altezza valutando il vento

mi tieni in alto fino al confine del taglio

poi mi riporti giù poco prima della vertigine.

La poesia tra noi è la cosa infilata

tra i denti aggrappata, resta salda

serve a me e a te.

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