Sono folgorazioni luminose queste poesie di Maria Chiara Coco, brevi ed essenziali nella loro rastremazione quanto penetranti nell’essenza che racchiudono. Colpisce prima di tutto la cura nelle scelte lessicali, lì dove si comprende che ogni parola è stata scelta e soppesata per il proprio pieno significato, per il detto e il non-detto che è in grado di evocare. Se già questo è un segno della consapevolezza che l’autrice ha maturato verso lo strumento-poesia e il lavoro di distillazione emotiva che precede la scrittura in sé, sorprende ancora di più il fatto che, con pochi decisi tratti, Maria Chiara Coco è in grado di spalancare orizzonti immensi, lontananze nello spazio e nel tempo, accompagnare il lettore in un viaggio interiore che lascia lo spirito sospeso fra vertigine e meraviglia.
Francesco Tomada
Terre
Oltre i confini
una terra illusoria
con immensi orizzonti
senza il limite
caduco e compiuto
dell’umano sentire.
Grandi estese terre
accese dal raggio
obliquo
di un giorno
che muore.
​
Länder // Jenseits der Grenzen / ein illusorisches Land / mit weiten Horizonten / ohne die Begrenzung / vorübergehend oder abgeschlossen / durch das Menschliche fühlen. / Grosse ausgedehnte Flächen / erleuchtet
durch einen / schräg einfallenden
Lichtstrahl / eines Tages / der zu Ende geht.
Maria Chiara Coco è nata a Gorizia nel 1993. Ha iniziato a scrivere poesie già a otto anni. In seguito ha partecipato a vari concorsi, conseguendo numerosi premi e segnalazioni. Ha collaborato con la rivista “L’Ortica” di Forlì con la traduzione di due poesie della poetessa americana Gretchen Josephson e varie sue liriche sono state pubblicate in diverse antologie poetiche.
Nel 2009 ha pubblicato il libro La camera dei segreti, ed. Prometheus, Milano, con introduzione del prof. Quirino Principe, insigne musicologo, traduttore, saggista nonché docente universitario, e postfazione del prof. Francesco Solitario, docente di estetica presso l'Università di Siena e Arezzo. Una sua poesia è inserita nel volume Musica di Quirino Principe, edito da Electa Mondadori, 2010, accanto ai più illustri nomi della letteratura di tutti i tempi. Nel 2014 è uscito il suo secondo libro di poesie, intitolato La chiave nascosta ed. Prometheus, Milano. Nel 2022 ha ricevuto il primo premio ex-aequo per un saggio letterario sul tema “Pensare come Ulisse”, indetto in occasione della XIX Edizione dell’European Ardesis Festival 2022 – Il Filo di Arianna, Arte come Identità Culturale – Milano. Il saggio, intitolato Associare passato e presente per un futuro più umano, è pubblicato in “Il mondo classico e noi. Il mondo antico visto dai giovani”, introduzione di Augusta Busico, ed. Prometheus, Milano 2023.
Ha conseguito la Laurea Triennale in Lettere presso l’Università degli Studi di Udine con il massimo dei voti e la lode e, nel 2023, la Laurea Magistrale in Italianistica presso la stessa Università con il punteggio di 110 e lode.
Attualmente collabora con la rivista culturale “Iniziativa Isontina”.
“È un sorprendente ossimoro la vita / un corollario di certezze dubbiose / coraggiosi cedimenti / tetragone oscillazioni”. Con questa precisione di racconto Clara
Maggiore affida alle parole il suo fare poesia. Che si rinnova con questa raccolta, ulteriore movimento nel profondo del sentire, nella parte più sensibile dell’essere
testimone della propria vita, protagonista delle storie che ne sono l’intreccio. Così i suoi testi si pongono “sulla scala del tempo / dove tutto si fa infinito”, dove trova la forza di scrivere dell’attimo in cui la certezza si spezza o il dubbio fiorisce, dove il proprio sentimento si fa più vicino all’anima del mondo, e il proprio pensiero è accoglienza e attenzione. Perché il suo è il continuo cercare “l’altrove dove va la mia poesia”, il luogo dove potersi esprimere senza paura, senza il timore di portare in vita un qualcosa di fragile ma che è inevitabilmente necessario. Ed allora eccolo il suo sguardo che si apre sulla nostra contemporaneità, sulla nostra società sempre più dannata nel creare disastri e conflitti, abile nel non perdonare il gesto umano più sincero. Clara Maggiore racconta il suo prendersi responsabilità, “svito i bulloni della rabbia”, il coraggio spontaneo
per indicarci che “siamo un soffio anche noi/ un esile respiro / piccole nubi / notturne e solitarie...
Giovanni Fierro
E poi arriva un giorno
che devi dire basta
basta silenzio
pigra condiscendenza
comoda assuefazione
a questa realtà di morte
che ti sembra riguardi
sempre e soltanto gli altri.
E accampi mille scuse
che sei vecchio e stanco
che non hai più la forza
per opporti al sistema
che ora tocca ai giovani
che hanno occhi migliori
pieni di futuro.
Ed ecco che il TG ti racconta
l’ennesimo incidente stradale
un altro femminicidio
un’ulteriore strage terroristica
una nuova guerra
con le sue vittime sacrificali
immolate sull’altare del dio
TUTTO E SUBITO
E A QUALUNQUE COSTO.
Ma li hai prodotti tu
gli strumenti di morte
le hai inventate tu
le mille illusioni
che nutrono generazioni
ancora innocenti
e hai regalato tu ai tuoi figli
in pacchetti infiocchettati
sogni fasulli e virtuali.
Davanti alla bara bianca
dell’innocenza venduta
a chi ha comprato
il tuo silenzio-assenso
e la tua indifferenza
rimpiangerai amaramente
di non esserti ribellato.
Ma non sei più in tempo.
Nel mare non manca nessuno
autore Federico Zucchi
prefazione di Francesco Tomada
fotografia di Renzo Furlano
Collana versi_diversi 02/2013
Poligrafiche S. Marco Cormòns
Lingua del testo Italiano
ISBN 978-88-95384-25-2
Il pane resta memoria
Di fronte alle migliaia di pubblicazioni di poesia che ogni anno vengono proposte sugli scaffali, forse la prima cosa da chiedersi – prima ancora della bellezza del libro in sé – è se quella che stiamo per affrontare abbia la dignità, se cioè porti dentro una pienezza che giustifica il fatto, per noi, di confrontarci e metterci in gioco come lettori. E’ bene allora fugare subito questo legittimo dubbio, dicendo che “Nel mare non manca nessuno” possiede una densità di scrittura e di contenuti tale da meritare il tempo che richiede: si tratta di una raccolta meditata, sedimentata, che nasce dalla necessità più che dal semplice desiderio di scrivere. Ecco, dopo avere sottolineato questo aspetto possiamo addentrarci, scoprire, esplorare, sapendo che ciò che troveremo ha una sua ragione e una collocazione non casuale; adesso possiamo parlare del valore della poesia.
Recentemente un amico mi confidava di ritenere fondamentali, in una raccolta poetica, i primissimi testi: devono corrispondere al titolo, evocare un’atmosfera, creare un ambiente che risulti coerente e sincero. La prima poesia qui è proprio quella che dà il nome all’intera raccolta, il primo verso è “Nuota, nuotammo, nuoteranno”; e la breve composizione termina con “voltati / ci sei anche tu / porgi ascolto / affiora”. La corrispondenza di cui si diceva non è soltanto una convergenza lessicale, quanto piuttosto una domanda di attenzione che Federico Zucchi fa per se stesso, ma soprattutto per noi e verso noi stessi; ed insieme ci dice che leggere non sarà, non potrà limitarsi ad un atto passivo. “Nel mare non manca nessuno” si apre con una chiamata, che è diversa da un semplice benvenuto.
Nelle prime poesie c’è una forte presenza dell’elemento-acqua, e l’orizzonte appare dilatato nello spazio e nel tempo, un orizzonte più spirituale che geografico. È però un passaggio breve, come quell’evocare l’atmosfera di cui prima si diceva. Subito dopo, al contrario, il viaggio diventa molto più fisico e terreno, e si contestualizza in luoghi che spesso sono impoetici quasi per definizione, come parcheggi d’ospedale, carceri, capannoni. In un’altra delle pietre angolari della raccolta, Perché scrivo – anche qui un titolo che è già in sé significato-, quella che sembra una dichiarazione di poetica termina con questi splendidi versi: “scrivo per ricordarmi / del profumo di maggio / avvinghiato a chi amo / nella sala d’aspetto / d’un pronto soccorso”. L’improvvisa chiusura, il passaggio dal mondo dei sentimenti ad una stanza che si immagina piena di tensione e sofferenza, si traduce in un capovolgimento che apre nuove prospettive, che fa vivere gli affetti in una dimensione reale, spesso intrisa di drammaticità, ed evidenzia un filo rosso che percorre tutto il libro, perché “solo con la persistenza di un amore più vasto / il dolore può mettersi in salvo.”
Non si tratta di una poesia civile, almeno non in modo evidente o dichiarato. E probabilmente è meglio così, perché, al di là degli intenti, spesso la poesia civile paga il tentativo di comunicare diventando troppo scolastica e quasi forzata. Federico Zucchi solo a volte espone, mentre molto più spesso evoca o suggerisce. C’è però un forte senso etico che percorre la raccolta, che è un richiamo – che non arriva da qualcuno che si pone come maestro, ma da un’altra persona come noi – a cercare di raccogliere la pienezza nella nostra umanità, a dare un senso ai gesti e alle situazioni. “Perché un destino si compia / non basta crescere verso la morte”, serve molto di più, “ci vuole una sporta di cuori selvaggi”, ci vuole tenacia, “bisogna sempre essere pronti / per un banchetto che non si farà attendere”. A volte quel “cuori selvaggi” si declina in un’ingenuità adulta, come quando si parla del puma randagio che si aggira nella bassa pianura; altre invece si manifesta in un senso di stupore, o sottile malinconia, o abbandono allo scomodo conforto del ricordo.
Forse però ciò che più colpisce in “Nel mare non manca nessuno” è che il libro è permeato da un senso di fratellanza profonda, che va ben oltre i legami di sangue – che pure sono vivi e presenti – e si estende fino a includere anche chi legge: “Sei stata tu per prima, / sorella, imperatrice bambina, / a farmi sentire fratello / di un mondo più vasto d’una sola famiglia”. Da un lato la forza di questa prospettiva è nel generare un senso di partecipazione, dall’altro la sua verità è nel non essere solo un strumento stilistico, quanto una necessità che Federico Zucchi riesce a rendere evidente per sé e per noi. Così, anche quando la sua scrittura diventa più esplicita, lo fa con il tono di un invito, di una esortazione e non di un insegnamento: limpido in questo senso è l’esempio de La sinfonia dei teschi, dove una poesia che potrebbe sfociare in un pacifismo superficiale si risolve invece in tutt’altro, in una emozione che nasce dal ventre, nel “leggete i nomi dei morti / e immaginate la storia dei loro vent’anni”. Ed anche la famiglia dell’autore, che dicevamo essere presente, è una famiglia che si estende a tutti attraverso la condivisione delle emozioni, perché se diversi sono i luoghi – luoghi ben definiti, caratterizzati e indicati per nome, quasi a volergli togliere ogni idea di mitologia – uguali sono gli affetti, le madri, i padri, a volte le tombe.
Con una scrittura densa, lontana da artifici stilistici ma al tempo stesso curata e pulita e dunque comunicativa, Federico Zucchi sa insomma cogliere i segni importanti del nostro presente, e porgerli come un prezioso regalo. Ed è appunto il nostro presente, “perché tutto ci parla / l’astice nell’acquario della pizzeria, / l’amore che si posa sul lago del ventre, il corpo papiro del vecchio che nuota / in un mistero senza interpreti”. Se “ogni solitudine sogna un’alleanza” qui viene offerta una possibilità, “una rima di fianchi in fine di sera”. Perché solo questo, forse, ci può aiutare e sostenere: “è la forza protettiva della bellezza / a dispiegarsi contro l’annunciata polvere”, e la bellezza non è – o non è soltanto – quella che appare, ma quella cercata, costruita, ascoltata, quella bellezza spesso dolente e nascosta che custodiamo nella nostra “sconfinata umanità”.
Francesco Tomada